3 errori molto comuni, tre insidie metodologiche in cui cadono gli insegnanti che vogliono insegnare giocando, anche se credono nell’importanza del gioco e davvero vogliono fare giocare chi impara (bambini o adulti che siano):
1. Usare sempre dei giochi, degli oggetti, per giocare
? Il gioco vero non ha bisogno di oggetti, di flashcards, di nulla. La palla ogni tanto ci sta, ma i bambini giocano anche con niente. Il gioco sta nella fantasia, nelle relazioni, nella fisicità
Perché sono così usati allora? Perché è la scelta più semplice: se voglio far giocare cerco qualcosa nello scaffale dei giochi. E anche perchè il gioco spesso piace e tiene impegnati, è una soluzione ordinata.
2. Creare meccanismi di competizione per stimolare chi apprende
? La competizione non è l’unico meccanismo di motivazione e probabilmente non è il più sano. Il gioco collaborativo è altrettanto efficace nel motivare e al tempo stesso nutre le relazioni, insegna a collaborare e fa star bene tutti
Perché la competizione è onnipresente? Perché fa parte della nostra cultura. E ha anche un senso dal punto di vista evolutivo. I giochi competitivi allenano le competenze che aiutano tanto l’individuo quanto la comunità a sopravvivere. Ma anche la collaborazione, la cooperazione e la mutua assistenza aiutano tanto l’individuo quanto la comunità a sopravvivere e a fiorire. Oggi, in un mondo in cui le occasioni per vivere la comunità sono sempre più rare, forse faremmo bene a coltivare questo tipo di giochi.
3. Decidere a priori cosa dovrà fare chi apprende
? Dare una scelta di opzioni limitate per imparare un target specifico di nozioni. Non è gioco se non c’è spazio per la creatività. La creatività è imprevedibile, ma tremendamente efficace nell’attivare attenzione, coinvolgimento e apprendimento.
Perché quindi si prongono spesso giochi costruiti per una competenza specifica? Perchè, per esempio, fare giochi focalizzati su una specifica regola grammaticale piuttosto che sul parlare, con tutta la ricchezza di espressioni contenuta nel dialogo spontaneo?
Di nuovo, perché la nostra cultura cerca i risultati a breve termine. A brevissimo termine.
Se faccio un esercizio (anche se lo chiamo gioco, rimane un esercizio), vedo subito se è stato capito o meno. Poco male se poi viene dimenticato tutto, perché l’osservazione si concentra sull’immediato, non sul lungo periodo.
Per promuovere un apprendimento di lunga durata invecem, bisogna non avere fretta, lasciare che l’apprendimento avvenga in modo diverso per ogni persona. Bisogna dare la più importanza al coinvolgimento che al risultato osservabile subito. Con questa pazienza, a distanza di tempo osserveremo un risultato molto più importante, un apprendimento vero e profondo.
Di questo abbiamo parlato a:
Insegnare l’Inglese per Gioco
incontro gratuito all’interno di
Le lingue da 0 a 100
Ne abbiamo parlato con:
Studenti universitari (nonché futuri insegnanti)
Insegnanti di Inglese
Una futura teacher di Inglese per bambini e genitori (Playgroup)
Sì, puoi chiedere di portare questa formazione nella tua scuola, di qualsiasi ordine e grado.
Sì, puoi contattarmi per diventare un(a) teacher, se ami i bambini e l’Inglese. Dovunque tu viva.
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