Letizia, ho un dubbio riguardo la traduzione in italiano del materiale che propongo al mio bambino in Inglese (canzoni, parole, quando inizierò libri etc), la domanda è apparentemente semplice: nei momenti dedicati all’inglese mi sembra sensato parlare solo inglese, ma se lui mi chiede “cosa vuol dire” questo e quello, che faccio?
Al momento lui canta un paio di canzoncine in inglese (oltre a una in spagnolo e alcune in francese ma è stato tutto molto casuale guardando video su youtube e andando in vacanza) ma lo fa semplicemente ricordando il suono. Da quando gli ho detto “Sai che questo significa….” ogni tanto mi chiede “Cosa vuol dire”
Considera che noi genitori siamo entrambi italiani (io non padroneggio nemmeno perfettamente l’inglese, il papà sì) e abbiamo intenzione di iniziare molto lentamente, magari qualche ora il sabato mattina, quindi non più di una mezza giornata a settimana sia per una questione di impegno e organizzazione nostri, sia per vedere la reazione di mio figlio (che ha 3 anni e mezzo). Quindi non si tratta di bilinguismo ma di iniziare a familiarizzare un pochino con una lingua che resterà sicuramente secondaria.
L., Genova
Ciao L.,
comincio cercando indizi nella tua lettera…
- “propongo al mio bambino in Inglese (canzoni, parole, quando inizierò libri etc)…”
C’è un intruso in questa frase.
Chi lo trova?
L’intruso è la parola “parole”.
L’Inglese, come qualsiasi lingua, non è una lista di parole, è un sistema per comunicare.
Il mio consiglio è di evitare proprio di cercare di insegnare “parole” al tuo bambino, di non metterti nemmeno, cito di nuovo, a dirgli “Sai che questo significa….”.
- “io non padroneggio nemmeno perfettamente l’inglese, il papà sì”
Rigor di logica vorrebbe che fosse il papà il campione dell’Inglese, coinvolgendo la mamma e cogliendo l’opportunità per far imparare anche la mamma, ma senza delegare alla mamma ciò che lui può fare al meglio.
Al di là di questioni di accento, sintassi, e ampiezza di vocabolario c’è, per rimanere sul tema della tua domanda, una considerazione molto pratica. Se il bambino chiede a te “cosa significa” forse il modo più semplice per rispondere, per te, è tradurre.
Ma se lo chiede al papà, sicuramente il papà riuscirà a trovare un giro di parole, una mimica, un esempio, per riuscire a rispondere alla domanda in Inglese.
Finita l’analisi, aggiungo quattro punti generici.
1. Perchè la traduzione dall’Inglese è da evitare?
Perchè rende inutile qualsiasi sforzo. L’unico motivo per cui qualunque persona, adulto o bambino, compie lo sforzo (innegabile) di imparare l’Inglese (o qualsiasi altra lingua) è per comprendere e farsi comprendere.
Per capire una storia, un video, una canzone.
Per farsi capire in un gioco, in una richista, nella condivisione di un’emozione.
Sapere che tanto poi arriva la traduzione rende tutto inutile, non c’è bisogno di capire, di memorizzare, tanto poi me lo traducono….
2. Perchè si può fare a meno della traduzione?
Perchè quando si impara una lingua non occorre capire tutto subito.
Basta capire il senso, il significato, la trama.
Poi le singole parole, o le frasi, si capiscono strada facendo, man mano che aumenta l’esperienza della lingua.
Certo, questo è un concetto che, a fatica, può comprendere un adulto, ma come lo si spiega a un bambino?
Non lo si spiega.
Si continua a parlare in Inglese, a spiegare e a raccontare, ma nel frattempo lo si avvince nell’attività che si sta facendo.
La storia, o il libro, devono essere talmente belli e ben raccontati che il bambino se li ascolta in Inglese pur di ascoltarli. Il gioco deve essere esilarante. La canzone talmente immediata che non può fare a meno di cantarla. E il tutto vissuto con gioia e affetto.
L’Inglese deve diventare un momento talmente bello ed emotivamente ricco che “va bene anche se non ho capito tutto.”
3. Quindi non si traduce mai mai mai?
Quasi mai.
Le regole esistono per permettere alle eccezioni di vivere. (Mi è uscita così, non è male, no?)
Quindi se capita ogni tanto va bene, se diventa un’abitudine, mi sa che hai imboccato una strada rischiosa.
4. Qualcuno ci può aiutare?
Prova a dare un’occhiata ai playgroup Learn with Mummy. Lì l’Italiano non si parla mai. Mai mai mai. Vedrai che si riesce a cavarsela anche senza tradurre…
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Silvia dice
Ciao a tutti, io frequento il playgroup a Napoli con il piccolo che a breve compirà 2 anni. Nonostante il mio inglese poco fluente mi sto sforzando di fare per bene questo percorso e quindi di introdurre l’inglese anche a casa… ma riguardo al fatto di non tradurre mi sono trovata anch’io in un piccolo empasse… mio figlio infatti sta iniziando ora a dire le sue prime paroline (italiano ovviamente) e l’altro giorno vedendo la luna mi chiedeva che è??? io stavo al playgroup e dicevo moon ma lui voleva sentirmi dire la parola luna… si è arriabbiato molto…
LwM dice
Silvia, ciao, non credo questi piccoli incidenti siano dei veri problemi. Sul momento il bambino avrà vissuto una piccola frustrazione, a cui sicuramente hai avuto ampio modo di rimediare una volta uscita dal playgroup, ma al contempo hai passato un messaggio chiaro: dentro al playgroup si parla solo Inglese. Una volta accettato questo fatto verrà vissuto come una normalità e avrete la strada spianata.
Ciao!
Letizia
Valeria dice
D’accordo con una specie di eccezione… ho trovato la “enunciazione in inglese con a seguito traduzione in italiano” molto utile in via temporanea in una fase particolare: l’introduzione della lingua minoritaria con un bambino che rifiuta drasticamente la novità. Consiglio preso da una lettera pubblicata su bilinguepergioco e che ha funzionato molto bene col mio primogenito di allora 2 anni e qualche mese 🙂 Dopo meno di due mesi già capiva (o almeno era abituato alla novità) alla prima e non c’è stato più bisogno della traduzione e abbiamo superato la fase di rifiuto (cioè: non voglio più stare con la mamma). PS supercontenta del tuo ritorno sui blog Letizia!
LwM dice
Grazie Valeria,
anche io non vedevo l’ora di tornare, alla fine scrivere è ciò che più mi piace!
Sicuramente saper gestire le eccezioni, e trovare la propria chiave è la cosa più importante. Bisogna saper cogliere idee e esperienze dagli altri, ma poi trovare il proprio modo di declinarle. Ogni famiglia è diversa…
Ciao!
Letizia
Murasaki dice
Ma quando sono i bambini a tradurre?
Molto spesso la mia cinquenne, quando ci sente dire qualcosa in inglese traduce all’istante in italiano quel che abbiamo detto…
Per esempio un giorno scherzando ho detto a mio marito: “keep calm and eat your pasta”…
E lei prontamente ha tradotto: “Papà, la mamma ha detto di stare calmo e mangiare la pasta”.
Come comportarci in questo caso?
LwM dice
Yes, that’s right! Thank you darling! Keep calm and eat your pasta
Vale a dire:
1) affermazione positiva: hai capito e hai tradotto bene, brava!
2) ritorno alla lingua 2: l’ho detto in Inglese apposta, e lo ripeto (con un sorriso)
Mai sgridare o bloccare i bambini, semplicemente riportarli col nostro esempio all’Inglese.
L.
Murasaki dice
Grazie!
Mi sembra utile l’espediente di ripetere la frase in inglese e complimentarsi perché la piccola ha capito.
Ammetto che il fatto che lei tenda sempre a tradurre ci spiazza non poco.
dabogirl dice
grazie Letizia, è stato molto interessante leggere questo articolo.
In effetti a scuola mia figlia ha un’insegnante madrelingua che parla con loro solo in inglese, e lei fa molti progressi, mentre quando torna a casa, e io provo a giocare con lei in inglese, si inchioda e o non risponde, oppure mi chiede le traduzioni…
ecco, proverò a fare come tu suggerisci!
LwM dice
Gli scenari dei bambini che rifiutano mi incuriosiscono molto. C’è sempre un perchè dietro a un rifiuto… Però mi sento di dare un consiglio, non prenderla di petto, ma con grandi sorrisi e calore.
C’è bisogno di dirlo? Suvvia succede a tutti, la giornata è piena di cose da fare, ci vuoi far stare anche l’Inglese e magari ti spazientisci un po’. Meglio poco, ma bello bello bello, soprattutto finchè non si sblocca.
L.
Mammarch dice
Concordo sul cercare di non tradurre mai. Quando mia figlia maggiore di 5 anni proprio si impunta le sussurro la traduzione della singola parola in italiano quasi fosse un segreto e poi torno subito all’inglese. Il più delle volte la rassicuro dicendo in inglese : non ti preoccupare ora ti spiego e capiri sicuramente” e poi inizio con un panegirico in inglese con facce e movimenti buffi in modo da farle quasi dimenticare la sua domanda. Fino ad un mese fa abitavo anche io a Genova ed il playgroup è stato molto utile. Ora siamo in partenza per l’Australia (Letizia ce l’abbiamo fatta!!!) e tra poche settimane mia figlia maggiore inizierà la scuola pubblica e quella si che sarà una bella riprova! In bocca al lupo sia a me che a tutti voi 😉
LwM dice
Hai capito! Australia!?
Dì, non ci racconti meglio?
Mi mandi una letterina che poi la pubblico? (magari su Bilingue per Gioco, che è più a tema).
Comunque grazie per aver condiviso la tua esperienza. Eh sì, tenere duro a volte è dura, ma ne vale la pena…
Letizia
Mammarch dice
Ecco perché non trovavo più il post… Ero convinta di essere su bilingue per gioco… che stordita! Ti mando volentieri una lettera appena ci sistemiamo: abbiamo l’aereo tra 3 giorni e sono un filo sottosopra! A presto e speriamo in bene!
LwM dice
In bocca al lupo!
E un abbraccio sincero.
So bene quanto coraggio ci vuole per fare i bagagli e partire. Con 2 bambine poi. In capo al mondo.
Avete tutta la mia stima.
Letizia