by Emilyn Ciocio, LwM Teacher
L’espressione “Slow-Parenting” mi è piaciuta nell’istante in cui l’ho scoperta, pur senza avere la certezza del suo significato. Avevo intuito il concetto, o meglio la filosofia che c’è dietro questo modo di affrontare la genitorialità, ma volevo saperne di più.
Così ho letto diversi articoli sull’argomento, la maggior parte in lingua Inglese perchè è proprio dai paesi anglosassoni dai quali deriva questa espressione. Una volta scoperto questo modus vivendi non ho potuto fare a meno di metterlo subito in pratica.
Così ho iniziato a rallentare, perché è di questo che si tratta. E nel rallentare ho voluto osservare il mio bambino di soli due anni da vicino, ho voluto che scoprisse da solo quello che aveva intorno a sé. Ho voluto seguire i suoi piccoli ritmi, quelli che può avere un bambino di questa età.
Un giorno d’estate, ho pensato di accompagnarlo ai giardinetti come accade almeno due volte al giorno da quando è nato. Questa volta però, non ho voluto impormi i giardinetti come meta finale. Era sì una meta, ma non obbligata. Mi sono invece imposta di non correre, di non dire “andiamo, sbrigati” o “presto che lo scivolo ci aspetta”.
Pochi minuti dopo essere usciti di casa, Lorenzo si ferma davanti ad una bicicletta legata ad un palo. Ho capito che era interessato alla ruota posteriore ed ai suoi luminosissimi raggi. Era così attratto da quegli strani oggetti che l’ho lasciato fare. Mentre lo osservavo mi sono resa conto che stavo godendo di quel momento madre-figlio.
Poi il suo sguardo è stato catturato dal pedale. Sì, un gran bel pedale! Ha voltato la testa verso la mia e mi ha sorriso ed ha indicato il pedale. “Look!” L’ho lasciato fare. Ha giocato con il pedale per almeno quindici minuti, sporcandosi le mani. Ma, a differenza di altre volte, non ho voluto correre ai ripari e pulirlo con le salviettine umidificanti che porto sempre nella borsetta. L’ho lasciato fare.
Una volta terminato il gioco della bicicletta, gli ho proposto di sciacquarsi le mani sotto una fontanella. Non gli pareva vero. Così siamo corsi verso la fontanella della piazza e con le mani ancora sporche di grasso abbiamo trascorso i successivi venti minuti giocando con gli schizzi d’acqua. Zuppi ma felici, abbiamo proseguito verso i giardinetti.
Stop! C’era un bel muretto da saltare! Lorenzo mi ha guardato con i suoi due occhioni irresistibili e ho capito che voleva che lo aiutassi a salire sul muretto.
Up, down, up, down, up, down, almeno trenta volte! Abbiamo saltato il muretto con due gambe, poi con solo una, con le mani in aria, facendo le facce buffe… lui era estasiato. Io affascinata. Una volta terminate le energie, ci siamo diretti verso il bar di fronte, per rinfrescarci con una spremuta d’arancia.
Mentre la titolare del bar ci spremeva l’arancia, il rumore che veniva dalla macchina del caffè ha catturato l’attenzione del mio bimbo. E così abbiamo ascoltato i rumori che produceva quel macchinone, abbiamo commentato il vapore che usciva dal beccuccio, osservato il barista che preparava cappuccini, caffè macchiati, schiume di latte e tè caldi.
Lorenzo era ancora una volta affascinato, incuriosito, divertito, a volte spaventato dai rumori improvvisi che emetteva quel macchinario così grande e lucido. Ma era il suo momento ed io ho voluto assecondarlo. Volevo che imparasse, che capisse, che osservasse, che provasse ad odorare, toccare, ascoltare.
Tutto senza fretta, senza quella fretta che spesso ossessiona noi genitori. La meta iniziale di portarlo ai giardinetti era stata sostituita dalla bicicletta, dalla fontanella, dal muretto, dalla macchina del caffè. I giardinetti potevano attendere perché Lorenzo, in quel momento aveva l’attenzione su ben altro.
Il momento più bello per me è stato rendermi conto che potevo rallentare e che rispettare i suoi tempi significava regalarci un momento tutto nostro, fatto di coccole, di attenzioni e di nuove scoperte. Vederlo affascinato da quello che per un adulto è poco interessante o ordinario, è stata una rivelazione. Da quel momento ho dato un’importanza diversa alle cose che ci circondano e che noi adulti stentiamo a notare.
Lo “Slow-Parenting” è meraviglioso perché permette ai bambini di imparare anche dalle cose più semplici e insegna a noi genitori il valore del tempo che trascorriamo con loro. In qualche modo ci aiuta a fermare il tempo, che spesso vorremmo fermare perché vediamo che i nostri bambini crescono troppo in fretta.
Cosa c’entra lo Slow Parenting con l’Inglese?
Per me tantissimo.
Come insegnante di Inglese Learn With Mummy per bimbi dai 0 ai 6 anni, spesso mi trovo a parlare con i genitori del “tempo”.
La frase più comune che sento è, “Ogni tanto dice qualche parolina, ma non parla ancora…” Ci credo! Come fa un bambino che vive in un ambiente Italiano, che frequenta un corso di Inglese mono-settimanale, a parlare in Inglese dopo solo pochi incontri?
E più i genitori hanno fretta, più fatico a convincerli di rallentare e di rispettare il tempo di cui i propri bimbi necessitano per imparare una seconda lingua. Spesso questa fretta viene giustificata dal fatto che una volta iscritto al corso di lingue, ci si aspetta che i risultati arrivino subito. Così trascorro ore ed ore a spiegare loro che per imparare una lingua, che sia la madrelingua od una seconda lingua, ci vuole tempo. Anni. E tanta pazienza.
Imparare una lingua può essere presentato ai bambini come un gioco, ma di fatto non lo è. E’ una cosa seria, che necessita tempo. Scusate la ripetizione, ma ci tengo a sottolinearlo perché è importante. E qui entra in gioco il concetto di “Slow-Parenting.
Dopo aver scoperto lo “Slow-Parenting”, ho pensato di introdurre questo concetto anche in classe, ma specificamente legato all’apprendimento della lingua Inglese. E così mi sono inventata lo “Slow-Englishing”.
Come alcuni di voi sapranno, mio figlio è sulla via del bilinguismo. Con lui applico lo “Slow-Englishing” da quando è nato ed aggiungo, inconsapevolmente. Sì, perché senza saperlo, ho voluto insegnargli l’Inglese da subito, ma andandoci piano, molto piano. In che modo? Semplice.
Quando gli parlo in Inglese (ovvero il 95% delle volte), parlo lentamente, spesso muovendo esageratamente la bocca così può vedere il movimento delle labbra, ripeto le parole chiave almeno tre volte per frase a volte modificando leggermente alcune parole (ad esempio, “Would you like a big cherry?”; “Look, here is a wonderful red cherry”; “Do you want a big or small cherry?”).
Lo aiuto quando sbaglia a pronunciare alcune parole, ma senza rimproverarlo, anzi lodandolo (ad esempio, “Yes, very good, this is a helicopter”), rispondo alle sue domande e curiosità senza mai farmi beccare disattenta o disinteressata. Poi, rallento quando vedo che è stanco e che non ha voglia di ascoltarmi. Lo ascolto quando prova ad esprimersi mettendo insieme quelle poche parole che conosce in una frase più o meno compiuta. Lo lascio fare, finché non tocca a me intervenire con un aiuto.
Perciò, non gli metto fretta. Lo ascolto, lo osservo, lo aiuto con le parole solo dopo avergli lasciato il tempo di esprimersi. Tutto questo è molto “slow”. Ma funziona perché nonostante abiti in Italia, con padre, nonni e tata che si rivolgono a lui in Italiano, lui si esprime di più in Inglese. E sono convinta che questo sia dovuto al fatto che applico lo “Slow-Englishing”.
Sarà una mia prerogativa per il nuovo anno.
Sì, quest’anno anche nei nostri corsi dedicherò ampio spazio ai genitori per spiegare loro i benefici dello “Slow-Englishing”. Voglio che arrivi il messaggio che è molto più benefico avere pazienza e rispettare i tempi dei propri figli che avere fretta, che mettere loro fretta.Voglio che diventi sempre più chiara l’idea che più dolce e naturale è l’apprendimento dei bambini, più saranno invogliati a scoprire l’Inglese, a capirlo, ad utilizzarlo.
Ma tutto deve partire dalla consapevolezza dei genitori. Se i genitori rallentano e capiscono che i propri figli hanno bisogno di tempo per abituarsi all’idea che si può giocare e quindi comunicare in un’altra lingua, maggiore sarà l’interesse dei piccoli studenti, più numerosi saranno i loro tentativi di esprimersi in questa lingua, più probabile sarà la loro voglia di imparare nuove parole, di conseguenza, più grandi saranno le soddisfazioni per i genitori.
Intanto vi lascio con questo pensiero.
Emilyn
Roberta dice
Buongiorno, per me e il mio bimbo Nicoló di cinque anni l’esperienza del playgroup è iniziata quest’anno … io praticamente non so una parola d’inglese, ma quando entriamo nella “stanza magica” mi sembra di tornare bambina … è veramente piacevole e rilassante. L’importanza della slow parenting è fondamentale per i nostri bimbi e per noi … cerco di svegliarlo prima il mattino per non dover sempre correre e il fine settimana cerco di non guardare l’orologio e di fare tutto con calma … un saluto a tutte le mamme e grazie alla teacher Letizia per le belle ore passate assieme Roberta gruppo San Zeno Verona
Marta dice
Ciao a tutte!
Molto interessante l’associazione tra lo slow parenting e l’inglese e che potrebbe anche essere associato in forma ancor più generale all’insegnamento e allora lo chiameremmo Slow Teaching.
Molte volte mi sorprendo di fretta senza neanche sapere il motivo. Allora mi calmo (a meno che non sia davvero in ritardissimo!!), respiro e mi chiedo: voglio davvero trasmettere questa fretta ai miei bimbi?
Respiriamo e impariamo dalle piccole cose che loro ci insegnano ogni giorno. Stimoliamoli, ma stiamogli sempre vicini osservandoli e prendendo spunto da queste osservazioni per sapere cosa piace/non piace loro.
Abbracci e complimenti!?Marta
Silvia dice
Grazie, davvero un ottimo spunto di riflessione forse ovvio perchè nella teoria tutti ormai sappiamo dell’importanza della qualità del tempo da trascorrere con i bambini però nella pratica io stessa incorro spesso nell’errore di mettergli fretta, nell’ansia di essere sempre in ritardo e di corsa. Ma importante è averne la consapevolezza e tentare di fare meglio le prossime volte..quindi queste parole di Emilyn mi torneranno in mente sia nell’approccio all’inglese che nelle piccole cose di ogni giorno.?a presto?Silvia
LwM dice
Grazie Silvia!
L.
Gianna dice
Ciao Letizia!!! Son la mamma di Thomas, il mio piccolo bilingue in crescita!!!! Complimenti x il grande lavoro e impegno che ci mettete! Mi ritrovo in pieno nelle parole di Emilyn, il tempo e la costanza son la chiave di tutto. Cari genitori, vedrete che il vostro piccolo un giorno vi stupira’. Date tempo al tempo, i frutti li vedrete a lungo termine. Kisses
LwM dice
Ciao cara! Sono contenta che vedi i risultati, tu sei veramente una mamma che ha fatto i salti mortali per riuscire a venire al Playgroup, ma poi eri sempre calmissima e serena, non è da tutti…?Un abbraccio a Thomas!L.
Roberta dice
Buongiorno,
vorrei sapere se prevedete di organizzare dei Lear with Mummy
per bambini di 10 anni, a Roma (a partire dal prossimo anno).
Grazie e complimenti per il bel lavoro svolto.
Roberta
LwM dice
Ciao Roberta, ti ringrazio molto. Penso di sì, che il prossimo anno a Roma faremo anche i gruppi fino a 11 anni, lo vedremo strada facendo però… Se sei iscritta alla nostra newsletter di Roma ti aggiorneremo appena ci saranno novità.Ciao! Letizia